Andrea non notò l'assenza di Lorenzo. Continuò a suonare, delicatamente, raccontando la storia dell'infelice amore tra una farfalla e una fata. Due esseri meravigliosi, destinati a rimanere separati per via delle loro differenze.
La folla ascoltava in religioso silenzio, partecipando a quella storia stravagante come se fosse la propria. In un angolo, in disparte, un uomo basso e ben vestito si guardava intorno stupito. Non capiva l'interesse circostante per il nuovo arrivato. Non apprezzava la musica del menestrello, anzi, la trovava detestabile e priva di gusto. In generale non amava nessun tipo di musica, ma quella di Andrea suscitava in lui un astio particolare.
L'uomo aveva un viso duro come la roccia, serio e arcigno, del tutto incapace di provare alcun sentimento. Osservava Andrea, e più lo osservava, più il suo odio verso di lui cresceva.
Percepiva nel menestrello una minaccia per l'ordine e la sicurezza di Apate, ordine e sicurezza di cui lui era il custode e il controllore.
I suoi vestiti tradivano la sua carica, ottenuta dal Barone per gli ottimi servigi svolti per la sua casata. Il duro lavoro lo aveva portato, da semplice scrivano qual era, a diventare tutto quello che aveva sempre desiderato essere: giudice supremo. Poteva decidere della vita o della morte di qualunque cittadino di Apate, sia nobile che plebeo. Un potere enorme, inimmaginabile, forse persino più grande di quello dello stesso Barone.
Alcibiade era l'uomo più temuto di Apate, e tuttavia quel menestrello lo inquietava. Ascoltarlo gli faceva crescere un brivido lungo la schiena, quasi che fosse venuto per portargli via tutto quello che si era faticosamente conquistato.
"E' solo un cantore. Cosa potrà mai farmi?" pensava, cercando di scacciare quella sensazione, ma quella ritornava più forte di prima, fastidiosa e insistente come una goccia che scava la roccia, facendo aumentare i suoi timori. E più i timori crescevano, più Alcibiade provava l'irresistibile impulso di far arrestare lo straniero. Purtroppo non aveva alcuna valida ragione per farlo. Ma li avrebbe avuti, ne era certo. Sarebbe bastato tenerlo d'occhio.
Alcibiade si allontanò verso casa mentre Andrea ancora suonava. Vedendolo tornare, la moglie si alzò per andargli incontro, ma il giudice la scansò con violenza, facendola cadere a terra. Alcibiade ignorò del tutto la donna, e si diresse a grandi passi verso il suo studio.
Chiuse la porta dietro di sè, e si versò un bicchiere di idromele.
"Andrea il menestrello" pensò "I tuoi giorni ad Apate saranno pochi e per nulla piacevoli".
Bevve l'idromele in un solo sorso, e rimase immobile a meditare.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento