mercoledì 16 giugno 2010

Capitolo 4 - Il Giullare

Si sedette a terra per godersi il tramonto. Nel farlo, si accorse che i suoi vestiti erano cambiati: non indossava più jeans e maglietta, ma uno strano vestito rosso, con i pantaloni attillati e una giacca piena di ricami e sbuffi. Gli ricordava quelli degli sbandieratori del Palio di Siena. Li aveva visti da piccolo, quando suo padre lo aveva portato a vedere la storica corsa in Piazza del Campo. Ricordava ancora la foga dei fantini, l'entusiasmo della folla, la gioia della contrada vincitrice. Ricordava l'espressione di suo padre, un'espressione allegra, vitale, non ancora offuscata dal demone che ne avrebbe preso possesso pochi anni dopo.

Scacciò quel ricordo dalla sua mente e si alzò. Si incamminò verso le case che aveva intravisto, sperando di incontrare qualcuno. La campagna era però deserta, fatta eccezione per alcuni animali che pascolavano tranquilli nei recinti.
Quando arrivò al primo gruppo di abitazioni, Andrea cominciò a sentire dei canti provenire dalla chiesa. Proseguì in quella direzione. Le case sembravano completamente disabitate. Arrivò in una piazza stracolma. C'era chi danzava, chi beveva, chi urlava e rideva sguaiatamente, chi parlava in disparte. Tutti indossavano vestiti simili al suo, più o meno ricchi e decorati.

"Deve essere la festa del paese, o qualcosa di simile" disse Andrea tra sè.
"Sei proprio un attento osservatore, straniero!".
Andrea si voltò per vedere chi aveva parlato, ma non vide nessuno.
"Devo essermelo sognato."
"Dunque io sarei un sogno? Mi lusinghi, straniero. Peccato che tu non sia una bella fanciulla."
Andrea si voltò, e questa volta fece in tempo a scorgere un'ombra verde scivolare alle sue spalle. Attese un attimo, poi si girò di scatto. Seduto su uno scalino gli sorrideva un ragazzo poco più vecchio di lui. Il suo viso era beffardo e divertito, e indossava un vestito verde con dettagli gialli, insieme a uno strano cappello dello stesso colore. Nella mano destra stringeva quella che sembrava una chitarra, anche se più piccola e arrotondata.

"Bravo straniero, mi hai scoperto. Mi inchino alla tua maestria." Saltò giù dal muro, e si profuse in una buffa riverenza. Quando si rialzò, Andrea potè osservarlo meglio: aveva capelli rossi spettinati, e occhi di uno strano color giallo. Il vestito verde gli dava l'aspetto di un folletto.
"Chi sei?" chiese Andrea.
"Ottima domanda, straniero. Ottima ma difficile. Come posso sapere chi sono? Due minuti fa ero una persona triste, ora sono una persona allegra, tra poco chissà. Domanda difficile, difficile davvero".
Andrea era perplesso. Era tentato di allontanarsi, ma gli occhi dello strano ragazzo avevano una forza quasi magnetica. Era impossibile non trovarlo simpatico.
"Vedo che sei perplesso. Forse non era quella la domanda che volevi pormi. Forse volevi chiedermi altro. Gli uomini dicono sempre una cosa per un'altra."
"Sì, in effetti volevo solo sapere come ti chiami."
"Ma dillo subito, straniero. La precisione è importante. Sono Lorenzo, o per lo meno mi chiamano così. Sono al servizio del signore di queste terre disgraziate. Lo diverto, lo sollazzo, lo faccio sfogare. Vedessi com'è rilassato dopo avermi bastonato per bene! Insomma, mi guadagno il pane facendo il buffone, il matto, il folle. In poche parole, il mio lavoro è dire la verità. Sono un giullare."
Andrea annuì. Questo spiegava le sue stranezze. Lorenzo continuò a sorridergli, girandogli attorno e osservandolo compiaciuto.

"E dimmi, straniero... Tu come ti chiami? Qual è il tuo ruolo in questo mondo?"
"Non saprei, sono appena arrivato qui." rispose Andrea, esitante.
"Vuol dire che sei appena nato? Sembri piuttosto vecchio per essere un neonato. Sei forse una sorta di mostro?"
Lorenzo lo osservò ancora più da vicino, balzando da un lato all'altro e fermandosi solo per qualche secondo.
"No, no, nulla del genere. Intendevo dire che sono appena arrivato in queste terre."
"Ma insomma, straniero! Un po' di precisione, di grazia!"
Lorenzo si fermò un attimo, come per soppesarlo.
"Pensi di restare qui a lungo?"
"Sì, credo di sì."
"Allora dovremo trovarti qualcosa da fare, straniero. Non puoi restare qui se non sai fare nulla."
"Bè, so badare al bestiame..."
Lorenzo fece un gesto infastidito. "Di contadini e allevatori ne abbiamo già in abbondanza. Su, saprai fare qualcos'altro?"
"Ecco... So suonare e cantare, ma non so se..."
"Perfetto, ci siamo! Sei un menestrello dunque! Capiti a proposito, ne manca giusto uno a palazzo. Ecco, tieni."

Lorenzo si inchinò profondamente, e con fare solenne gli porse la bizzarra chitarra che teneva in mano.

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